Ho iniziato, da qualche mese, a lavorare come stagista in una importante realtà italiana ed internazionale chiamata Angelini. Lavorare qui non è così terribile come me l'aspettavo. Pensavo servissero dosi molto più alte di stress, scadenze, pressioni dall'alto... Invece in Angelini si lavora bene! Certo, è pur sempre lavoro e ha i suoi alti e bassi, pregi e difetti, ma tutto sommato non è un lavoro pesante di quelli che il lunedì fai il conto alla rovescia per il fine settimana.
Eppure mi chiedo: "E se stessimo sbagliando tutto?"
A parte il plurale, d'obbligo, visto che parlo di me ma anche dei milioni di persone che si alzano la mattina per rintanarsi in una stanza e fiondarsi di aria condizionata. Quello che sto facendo è sì un modo di vedere la vita, ma se ce ne fossero di migliori? Alla fine il succo del discorso non è spaccarsi la schiena dalla mattina alla sera, ma essere felici. Felici in quello che si fa.
A che pro, dunque, cercare di primeggiare in un ambiente così competitivo, dove giorno dopo giorno ti trovi messo alla prova dall'idea che qualcun'altro possa prendere il tuo posto? Dal pensiero continuo che non c'è spazio per te in questo universo commerciale fatto di precariato e stagisti che vanno e vengono. Sfruttati perché "c'è la crisi, non possiamo assumere in questo momento così difficile".
Cos'è che ci frena dallo spezzare questo meccanismo che ti vede come un nullafacente se ti metti uno zaino in spalla ed inizi a girare il mondo, o che ti giudica uno che non ce l'ha fatta se ti "limiti" al tuo negozietto dietro l'angolo?
I soldi?
Una volta avrei potuto pensare che fossero quelli. Che presa una laurea avrei iniziato un lavoro che mi consentisse di guadagnare di più. Ma oggi no. Mi guardo in giro e vedo ovunque laureati a casa, perché nessuno li assume se non in stage, oppure in posti precari a stipendi che non gli competono... Eh già, ma c'è la crisi...
La carriera?
E dove dovrei andare, se il mio Stato non solo non assume giovani, ma ha problemi a gestire le figure "senior"? Certo, non si fa carriera dall'oggi al domani, ma... torniamo alla domanda di partenza: è forse questa la vita? Sbranare chi ti sta a fianco per cercare di primeggiare e di avere quel posto tanto ambito?
La cultura?
Il lavoro nobilita l'uomo dopo tutto... no? Ed io non posso negare che, in azienda, stia crescendo sia personalmente che professionalmente. Forse se non fossi qui sarei più limitato nei miei pensieri, nelle mie visioni, nel mio approccio con il mondo?
Il giudizio degli altri?
Perché in fondo, diciamocelo, sono gli altri e il loro giudizio sul mondo a farci prendere le scelte più importanti. Vuoi mettere quanto faccia figo dire "Lavoro ad Ancona, nel marketing dell'Angelini" piuttosto che "Ho un piccolo negozio di ortofrutta qui, dietro l'angolo"? Vuoi mettere quanto ti faccia sentire importante quando con gli amici fai la figura di "quello che ce l'ha fatta" (o che per lo meno ce la sta facendo)?
La famiglia?
E chi non vorrebbe una bella famiglia? Una bella moglie, due splendidi bambini (o forse tre)... Beh, ma per questo serve stabilità, servono soldi, serve il "poterselo permettere"...
Ancora una volta mi ritrovo senza risposte... se non quella che sono le 8.41 e devo andare al lavoro.
Buona giornata